Il Rosario nel “cuore” della storia della salvezza / 2
Con lo spirito e con il corpo nel mistero del Figlio di Dio
Il Rosario, «strumentuccio per spalancare le porte del Cielo» (san Pio da Pietrelcina), è presenza di Maria tra di noi, portando Dio in mezzo a noi. È detto anche «Salterio di Gesù e Maria» poiché magnifica i misteri che uniscono la Madre al Figlio e il Figlio alla Madre. Il Rosario è la «preghiera collegiale dei redenti» (san Giovanni Paolo II).La preghiera mariana non è un frenetico martellamento di formule, ma azione ripetitiva che si trasforma in atto di contemplazione in vista della beatitudine eterna:«Attaccarsi alla corona come a una fune che è tenuta in mano da Maria e allora risalire su, verso il cielo» (beato Giacomo Alberione) . La regolarità del Rosario è una irregolarità riflessiva, comprendendo molteplici specie di azioni, intenzioni e sentimenti che, presentati alla Vergine, esprimono tutta la condizione di chi prega. Non bisogna spaventarsi delle distrazioni che, invece, sono da includere nella scansione orante che procede in maniera meditativa e non con imposizione forzata. Non deve però mancare la contemplazione, senza la quale il Rosario «è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule» (san Paolo VI).
Questa preghiera dice, in chiave pastorale, la ricchezza liturgica della Chiesa: «In realtà, il Rosario non si contrappone alla meditazione della Parola di Dio e alla preghiera liturgica; rappresenta anzi un naturale e ideale complemento, in particolare come preparazione e come ringraziamento alla celebrazione eucaristica» (Benedetto XVI). Quanto realizzato da Cristo, la Bibbia annuncia, la liturgia attualizza, il Rosario assimila. Questa preghiera è un percorso morale-formativo (via), ideale-illuminativo (verità), reale-unitivo (vita) grazie a Maria, che dà un decisivo contributo «finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4,13).
don Michele G. D’Agostino, ssp

